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“È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”.

“È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”.

“È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”. Emanuele Carubbi racconta la sua grande passione, l’apicoltura.

Un’altra storia di un giovane che vale la pena narrare è quella di Emanuele Carubbi, 23 anni, di Marola.

Mi ha raccontato come una grande passione può nascere nel giro di un anno scolastico e trasformarsi nella propria professione.

Una volta mi han detto che se fai quello che ti piace non lavorerai un singolo giorno della tua vita, forse per Emanuele è proprio così.

Finita la scuola hai deciso di iniziare subito la tua attività, investendoci soldi e tempo. Raccontami un po’ la tua professione.
“La mia attività è l’apicoltura. Non posso definirmi apicoltore professionista perché in questo fantastico mondo ogni anno c’è qualcosa da imparare, qualcosa di nuovo che non si conosceva. Preferisco definirmi un osservatore professionista. Gestisco 150 alveari per produrre e commercializzare un po’ tutti i prodotti dell’alveare: primo fra tutti il miele, ma anche pappa reale, polline e propoli. Tutti rigorosamente biologici. Da quest’anno inizierò anche a produrre regine per venderle ad altri apicoltori. La sede della mia azienda “Agricola Appennino” è a Marola. Per produrre mieli di profumi, sapori e varietà differenti, durante la stagione, porto una parte delle mie cassette a fare “villeggiatura” prima al mare in Liguria, poi in collina in Lunigiana e per finire nel nostro crinale. Durante i periodi invernali e nelle poche pause che l’apicoltura concede coltivo zafferano e ulivi da olio”.

Hai sempre desiderato fare questo lavoro o avevi altre opzioni prima di questa?
“Ho passato diverse voglie lavorative, prima di tutto fare l’archeologo, poi il pompiere, poi studiando a Castelnovo come geometra. L’apicoltore divenne una realtà così per caso. Furono mio padre e mio fratello che, un giorno, decisero di comprare cinque arnie di api per allevarle. Io li aiutavo e li osservavo mentre trafficavano intorno alle api. Senza forse esserne del tutto cosciente mi appassionavo piano piano, finché decisero di cedermi i loro alveari. Quello fu il momento in cui decisi che sarebbe stata la mia vita. Ancora ricordo la smielatura (estrazione del miele prodotto dalle api), il momento più bello in cui si riuniva tutta la famiglia a lavorare. Era diventano un rito annuale”.

Grazie ai tuoi familiari è sbocciata questa tua passione. Ti hanno iniziato loro a questo mestiere, tramite le loro conoscenze ed esperienze, o hai dovuto imparare dalle basi?
“Passando da un semplice hobby a un lavoro, iniziai a frequentare corsi e affiancare apicoltori esperti della zona, che gentilmente mi passavano informazioni e trucchetti preziosi per allevare e gestire il fantastico insetto che è l’ape. Studiando e riempiendo di domande tutti gli apicoltori che conoscevo cominciai ad aumentare il numero di alveari. L’ultimo anno di superiori, i miei compagni di scuola si ricordano ancora di quando arrivavo in classe tutto gonfio per le punture ricevute il giorno prima”.

Emanuele Carubbi

Hai sempre pensato di volere rimanere a lavorare in montagna, o c’è stato un momento in cui saresti voluto partire?
“Mi considero fortunato a essere nato in un posto tanto ricco di umanità e bellezza, per questo ho sempre voluto fortemente rimanere nel “mio” meraviglioso mondo che è l’Appennino. Decidendo di affrontare la stressante fila in macchina per tornare a casa ogni giorno, credo sia già di per sé un piccolo, ma importante gesto, che dimostra di amare un territorio. Sarebbe più facile trasferirsi. Lavorando e vivendo qui, spero di fare la mia parte per sostenere la montagna”.

Quanto, nella tua professione, il territorio ti aiuta nell’andare avanti. C’è possibilità di crescita?
“Mi aiuta perché alzandomi tutte le mattine, guardando fuori dalla finestra, ho un quadro dipinto dal miglior pittore del mondo. Credo non avrei lo stesso entusiasmo se alzandomi vedessi altre case, altri grattacieli, altro grigio. C’è sempre la possibilità di crescere, in tutte le cose. Prima nel piccolo e nel privato, poi nella comunità”.

Motto dell’azienda “Agricola Appennino”

Che consiglio senti di dare a ragazzi che non hanno il coraggio di investire, di iniziare, pensando che i lavori manuali, tradizionali, umili non possano dare soddisfazione o lucro?
“L’apicoltura come tutte le professioni agricole richiede dedizione e sacrificio. Tralasciando gli investimenti economici per iniziare (attrezzatura da laboratorio, arnie, mezzo di trasporto ecc.), un requisito fondamentale è l’amore e la passione per queste attività. Non esistono cartellini da timbrare o ore da svolgere. Una giornata dura spesso anche più delle 8 ore lavorative ed è piena di punture. Spesso devo rinunciare a uscire e divertirmi con gli amici, perché come dico io: quando è stagione bisogna esserci! È un sacrificio”.

“Nonostante ciò – conclude – lo consiglierei, perché regala molte soddisfazioni. Vedere come le api si muovono nonostante tutto, nonostante noi, come si evolvono e trovano soluzioni ai cambiamenti climatici, è qualcosa di imprevedibile e meraviglioso. Passerei le giornate a osservarle entrare e uscire dalla porticina di casa piene di polline. È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”.

“È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”. Emanuele Carubbi racconta la sua grande passione, l’apicoltura

Giovani oggi

Giovani oggi

I giovani d’oggi

“I giovani d’oggi stan sempre al cellulare”.

“I giovani d’oggi non hanno voglia di fare niente”.

“I giovani d’oggi non leggono, figuriamoci i giornali”.

Mi presento, sono Beatrice Bramini da Castelnovo e ho 20 anni. Poco tempo fa ho chiesto a Redacon la possibilità di collaborare con il giornale, lanciando l’idea per una nuova rubrica intitolata “Giovani oggi”.

Perché questo nome? I giovani d’oggi non invecchiano mai. Ci sarà sempre una generazione precedente che additerà quella successiva e così via, all’infinito.

A quest’appellativo però non segue mai nulla di buono e i clichés sopracitati lo dimostrano. Attorno a noi ruotano tanti, troppi stereotipi e non altrettanti sforzi per sfatarli. Dobbiamo avere il coraggio di alzare la voce e dire “questo non e’ vero”. Da qui l’idea per questa rubrica.

Vuole, infatti, essere uno spazio dove si possano esprimere i ragazzi della montagna. Il progetto consisterebbe nell’esporre, di volta in volta, un tema dal punto di vista dei giovani, in modo da provare a rappresentare un quadro di ciò che pensano, credono e provano in prima persona.

Il mio intento sarebbe quello di andare oltre l’unidirezionalità causata dall’io che scrivo e l’altro che mi legge, ma riuscire a creare una vera e propria arena di confronto e di interazione, attraverso commenti, appunti, riflessioni, suggerimenti.

Questa collaborazione da un lato potrebbe avvicinare i giovani al giornale, all’informazione su Internet e alle questioni del nostro territorio, dall’altro portare all’inaspettata consapevolezza di avere dei ragazzi non così tanto sulle nuvole, ma partecipi della realtà con le loro opinioni e uniti per combattere quegli stereotipi un po’ antiquati e ormai noiosi da ascoltare, perfino per le orecchie dei più assidui frequentatori di bar.

“Voi siete il futuro” ci dicono. Caspita, è meglio darsi da fare!

Beatrice Bramini