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Lo scorso dicembre sparisce Maya, cagnolina di quattro anni, la quale verrà ritrovata solo due mesi dopo nel giardino dell’abitazione, morta. Potrebbe sembrare un incidente come altri, se non fosse per le circostanze insolite dell’accaduto. Circostanze identiche a quelle del ritrovamento del precedente cane della famiglia, Achille, che fan pensare non sia solo una macabra coincidenza.  

 A distanza di quasi un anno, la famiglia rende pubblico l’accaduto.   

 Il giorno 8 dicembre 2018 a Baiso sparisce Maya, un lagotto romagnolo di quattro anni. La famiglia Montipò era in vacanza e viene informata dell’accaduto solo tre giorni dopo. Una volta a casa iniziano le ricerche, annunci, volantini e una minuziosa ispezione alla recinzione del giardino, per controllare non vi fossero buchi da cui potesse essere scappata. Ma niente.  

 

Passano due mesi. Il primo febbraio, la famiglia riceve una telefonata dalla vicina di casa che, dalla finestra di casa sua, li avvisa di aver visto il cane nel loro giardino. Morto. Il giardino, ricordiamolo, circoscritto da una recinzione immacolata.  

 

Come un déjà-vu, la famiglia ricorda che solo l’anno prima il vecchio cane Achille fu ritrovato morto nelle stesse circostanze. Insospettiti dalla ricorrenza dell’accaduto, decidono di sottoporre il cadavere a un esame autoptico. Escono i risultati. L’autopsia dichiara la morte sopraggiunta per emorragia interna, costole rotte e coaguli di sangue nella zona del cranio. Il veterinario esclude che il cane possa essere stato investito, poiché non avrebbe avuto le forze di ritornare nel recinto. Un recinto perfettamente integro.  

 Maya è stata quindi brutalmente uccisa a botte.  

 Alcuni giorni prima del ritrovamento, la figlia Giada racconta di aver avuto un’accesa discussione con un uomo, il quale avrebbe altresì minacciato di uccidere il cane. L’uomo in questione sembra aver più volte espresso apertamente il suo odio verso gli animali, in particolare verso i cani della famigliama non fu mai preso seriamente. Non privi di sospetti, hanno deciso di non renderne pubbliche le credenziali fino alla fine delle indagini, sperando confermino quello di cui già sono sicuri.  

 Vogliamo raccontare quello che è successo per far sì che chi ha compiuto questa bestialità, caso mai lo leggesse, possa vergognarsi di quello che ha fatto, se ha un minimo di coscienza!”