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548^ Fiera di San Michele

548^ Fiera di San Michele

Nonostante il bel tempo che mantiene alte le speranza dei nostalgici di agosto, l’estate sta volgendo al termine. Come ogni anno, da secoli, salutiamo settembre con l’immancabile e ormai radicata fiera di San Michele a Castelnovo ne’ Monti, oggi alla 548° edizione. Per tutti, rappresenta l’ultima occasione di festa, l’evento conclusivo di un’estate tanto intensa quanto calda, un’ultima boccata d’aria prima di aprire definitivamente le porte all’autunno, al freddo, prima del rientro sui banchi, prima della quiete.

Sabato 28, domenica 29 e lunedì 30 settembre Castelnovo si accende di tradizione e divertimento per le strade e le piazze del centro. Il programma, ben consolidato negli anni, rimane quello a cui siamo affezionati. Un giro per le vie del centro a spulciare le nostre bancarelle preferite, uno sguardo alla Mostra mercato dei bovini giù al centro fiera e poi in piazza Gramsci a bere una birra dai “tedeschi”, ovvero dallo stand del comune di Illingen che, insieme a quello di Voreppe, è da anni gemellato con Castelnovo.

Le novità di quest’anno – afferma l’assessore all’ambiente, turismo e commercio Chiara Borghi – sono tutte gastronomiche. La vera risorsa da promuovere è la qualità dei nostri prodotti di montagna. Dal parmigiano reggiano, al vino, ai salumi, ai tortelli, tortellini e cappelletti. In piazza dell’Unità in centro storico, presentiamo quest’anno l’arte della norcineria, ovvero la lavorazione della carne di maiale. In particolare, si potrà assistere alla dimostrazione della cottura dei ciccioli, abbinati al gusto intenso e frizzantino della Spergola, altro prodotto locale. L’idea – ci spiega – deriva dalla recente premiazione da parte dell’Accademia Italiana della cucina di due aziende Felinesi, la salumeria Zanelli e la macelleria Castagnedoli.

Dal salato passiamo a “La dolce piazza” Peretti, dove si terrà un concorso inedito per gli amanti del Cakedesign. La magia del cioccolato si fonde all’abilità di creare torte non solo buone, ma anche belle, che i partecipanti sottoporranno al giudizio dei maestri cioccolatieri.

Una parte a cui tengo molto – prosegue – è lo stand di educazione ambientale promosso da Iren in collaborazione con gli insegnanti dell’istituto comprensivo Bismantova. Unisce educazione e informazione al divertimento della fiera. Il lunedì puliremo insieme, adulti e bambini, le vie del centro dai
rifiuti abbandonati a terra nei giorni precedenti. Vista la crisi ambientale odierna è qualcosa di cui andiamo molto fieri. Piccoli passi.

San Michele (qua ho tolto il continua) è un evento, tra le altre cose, di grande impatto per l’economia montana. Per un paese basato soprattutto sul settore commerciale e gastronomico, il turismo è la primaria fonte di guadagno su cui bisogna investire. Il numero di turisti in Appennino, che conta anche qualche straniero, è aumentato. Gli sforzi di commercianti e ristoratori, come delle associazioni di volontariato, hanno portato i loro frutti, obbligando il comune a regolare gli accessi alla Pietra di Bismantova con parcheggi a pagamento e a organizzare navette gratuite per gli spostamenti. Castelnovo dev’essere vivo – afferma – un paese spento è un paese dove non si lavora.

Le cose da fare sono molte. Siamo montanari, abbiamo i nostri tempi. A piccoli passi ci stiamo abituando al turismo straniero, alle nuove tecnologie (l’app Castelnovo C’entro), alle esigenze alimentari, ad esempio i prodotti celiaci. Stiamo lavorando per avere un programma fisso di eventi che copriranno tutto l’arco dell’anno. A breve avremo l’appalto per la ciclo-pedonale, che inizialmente coprirà il tragitto Castelnovo Vologno, estendendosi in futuro anche per il pezzo di Campolungo e Casale, solitamente molto trafficato.

I progetti sono molti: sono stati ripuliti i sentieri, è stata fatta la cartografia dedicata alla Pietra e il sito web, stiamo facendo un parco archeologico a Campo Pianelli insieme alle scuole medie, l’orto dei frati e l’area museale su all’eremo.

Il nostro sogno – conclude – è di creare un ambiente, pur mantenendolo così raro, pieno di opportunità per quelli che amano stare. Ci auguriamo lo stesso entusiasmo contagi tutti i comuni della montagna, perché invoglino i giovani a investire, amare e credere nel nostro territorio

Beatrice Bramini

Matilde Briselli, artista emergente.

Matilde Briselli, artista emergente.

La montagna non smette di stupire, giovani talenti spuntano come le primule e questa primavera è arrivata Matilde Briselli a lasciare tutti a bocca aperta  

Non si è mai troppo piccoli per mettersi in gioco”, questo il messaggio che vuole lanciare Matilde Briselli, 17 anni, di Castelnovo. Anche lei parte della scuderia di Mattia Toni, ormai conosciuto nella zona per aver collaborato con molti altri artisti. Esordisce con “Senza maschere” il 29 marzo sul suo canale YouTube, che ha fatto in pochi giorni più di 1500 ascoltiLa canzone, racconta, non era pensata per il pubblico ma come una dedica a mio padre. 

Matilde, da cosa è nata la tua passione per il canto?  

Da che ho memoria ho sempre avuto questa passione. Ho iniziato alle elementari suonando la chitarra, ma ho smesso dopo 8 anni per concentrarmi sul canto. Due anni fa ho iniziato seriamente a prendere lezioni e ora sono passata alla Scuola Danza Teatro Canto Arcobaleno 

La canzone parla di tuo padre, che rapporto hai con lui? 

Con mio padre ho un rapporto strettissimo, siamo molto uniti. Lavoriamo insieme a “La Tana del Lupol’attività di famiglia, per lui mi farei in quattro. Ultimamente stava passando un periodo difficile e quando l’ho visto crollare, sono crollata anche io. Questo mi ha spinto a buttare giù qualche verso della canzone, che inizialmente era destinata solo a lui.  

Com’è nata la collaborazione con Mattia Toni e l’idea per il video? 

È stato proprio mio padre a spingermi a contattare Mattia per chiedergli di arrangiare la base e il videoQuest’ultimo è suddiviso in tre parti: la prima introduce l’album di fotografie, oggetto centrale e ricorrente per tutto il video. La seconda parte, io che salgo per il campo e arrivo alla cima, simboleggia il raggiungimento dei miei obiettivi. Infine, la terza parte l’abbiamo girata al ristorante, dove ci sono io che canto in mezzo alle persone. Quest’ultima rappresenta la Matilde che ce l’ha fatta, che è riuscita a dire quello che voleva, quello che suo padre le ha insegnato. Sono molto riconoscente, sia a Mattia che a tutti quelli che mi hanno convinto a farlo, perché per arrivare al prodotto finale serve ben più di una bella voce. Inoltre è stato proprio Mattia a consigliarmi di aprire il canale YouTube. 

In un paese piccolo come Castelnovo, secondo te, è difficile uscire così allo scoperto? 

Se non ci fossero stati amici e famigliari a spronarmi non l’avrei mai fatto. Non è facile sottoporsi ai giudizi della gente, non solo per quanto riguarda le mie capacità canore, ma anche per il contenuto della mia canzone. Mi sono esposta molto. Avevo paura mi giudicassero male, come un’esaltata. Al contrario, mi sono sorpresa di me stessa, non avrei mai pensato che la canzone di una 17 enne potesse piacere anche a persone adulte. 

Che progetti hai in cantiere? 

Al momento sto scrivendo un’altra canzone su un momento brutto che sto passando io, stavolta in prima persona. Non so bene ancora se uscirà, quando, come, insomma la prendo un po’ come viene. 

Sei in quarta superioreavrai sicuramente tutt’altro a cui pensare, ma hai già qualcosa in programma finita la scuola? Vorresti fare del canto la tua professione? 

Ovviamente, se mai mi venisse proposta un’attività inerente al canto, accetterei senza pensare. Sarebbe il mio sogno potermi mantenere con il canto. A dir la verità, non ho ancora pensato a cosa fare dopo le superiori, l’università non è contemplata. Per ora penso al prossimo anno, a far l’esame di maturità e poi si vedrà. 

Che consiglio senti di dare ai tuoi coetanei? 

Vorrei trasmette l’idea che nonostante viviamo in un paese piccolo, che sembra non darci possibilità, chiunque abbia un sogno può realizzarlo.

La cagnolina Maya

La cagnolina Maya

Lo scorso dicembre sparisce Maya, cagnolina di quattro anni, la quale verrà ritrovata solo due mesi dopo nel giardino dell’abitazione, morta. Potrebbe sembrare un incidente come altri, se non fosse per le circostanze insolite dell’accaduto. Circostanze identiche a quelle del ritrovamento del precedente cane della famiglia, Achille, che fan pensare non sia solo una macabra coincidenza.  

 A distanza di quasi un anno, la famiglia rende pubblico l’accaduto.   

 Il giorno 8 dicembre 2018 a Baiso sparisce Maya, un lagotto romagnolo di quattro anni. La famiglia Montipò era in vacanza e viene informata dell’accaduto solo tre giorni dopo. Una volta a casa iniziano le ricerche, annunci, volantini e una minuziosa ispezione alla recinzione del giardino, per controllare non vi fossero buchi da cui potesse essere scappata. Ma niente.  

 

Passano due mesi. Il primo febbraio, la famiglia riceve una telefonata dalla vicina di casa che, dalla finestra di casa sua, li avvisa di aver visto il cane nel loro giardino. Morto. Il giardino, ricordiamolo, circoscritto da una recinzione immacolata.  

 

Come un déjà-vu, la famiglia ricorda che solo l’anno prima il vecchio cane Achille fu ritrovato morto nelle stesse circostanze. Insospettiti dalla ricorrenza dell’accaduto, decidono di sottoporre il cadavere a un esame autoptico. Escono i risultati. L’autopsia dichiara la morte sopraggiunta per emorragia interna, costole rotte e coaguli di sangue nella zona del cranio. Il veterinario esclude che il cane possa essere stato investito, poiché non avrebbe avuto le forze di ritornare nel recinto. Un recinto perfettamente integro.  

 Maya è stata quindi brutalmente uccisa a botte.  

 Alcuni giorni prima del ritrovamento, la figlia Giada racconta di aver avuto un’accesa discussione con un uomo, il quale avrebbe altresì minacciato di uccidere il cane. L’uomo in questione sembra aver più volte espresso apertamente il suo odio verso gli animali, in particolare verso i cani della famigliama non fu mai preso seriamente. Non privi di sospetti, hanno deciso di non renderne pubbliche le credenziali fino alla fine delle indagini, sperando confermino quello di cui già sono sicuri.  

 Vogliamo raccontare quello che è successo per far sì che chi ha compiuto questa bestialità, caso mai lo leggesse, possa vergognarsi di quello che ha fatto, se ha un minimo di coscienza!” 

Cinque generazioni a confronto

Cinque generazioni a confronto

Cinque generazioni a confronto. 

Noemi ha nove mesi e ancora non lo sa, ma la signora che la tiene tra le braccia ha 93 anni, si chiama Piera, o meglio tutti l’hanno sempre chiamata cosi, ed è la sua trisnonna, la nonna di sua nonna.  

A guardarsi intorno, al giorno d’oggi, è un caso eccezionale trovare una famiglia formata da ben cinque generazioni al completo. La gente si sposa tardi (o non si sposa affatto), fa i figli tardi (massimo uno o due) e così i nuclei rimangono piccoli o sparsi, poche persone attorno al tavolo.  

La famiglia Donadelli, formata dalla piccola Noemi e i giovani Gloria e Alessandro, può dire di aver battuto un record in ambito familiare, vantando cinque generazioni al completo, tutti da parte della nonna paterna e tutti rigorosamente montanari d’origine, sparsi tra i comuni di Carpineti e ToanoPer non perdersi tra le parentele bisogna fare un po’ di chiarezza. Noemi ha quattro nonni, Loredana e Giuliano da parte di madre e Roberta e Corrado da parte di padre, sei bisnonni, Irene e Alfredo, Dorindo e Maria, Giuseppina e Iside e due trisnonni, Piera e Lino, in tutto 12.  

Senza contare fratelli, zii e cugini solo loro – raccontano – fanno fatica a trovarsi per riuscire a scattare una foto tutti assieme. I pranzi di Natale o l’organizzazione dei tavoli ai matrimoni diventano un vero e proprio lavoro, ma è bellissimo cosi, siamo fortunati”. 

Piera e Lino sono insieme da 74 annipassando dalle nozze d’argento a quelle d’oro a quelle di platino, stanno per esaurire i materiali con cui festeggiare il loro anniversario. I nipoti li descrivono con tanto affetto, la trisnonna una persona elegante e precisa, sempre in ordine, il trisnonno un uomo testardo che ama lo zucchero alla follia. Alla nascita della piccola Noemi vantano ben tre generazioni di nipoti, che vanno dai 55 anni ai 9 mesi, per questo tutti li perdonano quando si scordano qualche nome o se ne dimenticano dietro qualcuno.  

Ogni tanto Lino guarda la bambina confuso e chiede  Chiela?  È la figlia di Alessandro  e lui ancora più confuso risponde – e Alessandro chi è?  e via dicendo. 

Sono i nonni però, o meglio i neo-nonni, a essere letteralmente impazziti per la loro prima nipotina. Le loro mogli li guardano allibite saltellare per la stanza fingendo di essere conigli, solo per riuscire a strappare un sorriso alla piccola Noemi o, dopo aver avuto per anni la fobia degli aghi, andare a prenotarsi un tatuaggio in suo onore. “Non sappiamo più come fare a contenere il loro entusiasmo, ogni giorno vogliono vedere un video di Noemi”. 

Gli aneddoti sono tanti, potrebbero stare a raccontarli per ore, e mentre li ascolti non puoi far altro che percepire quanto amore e affetto permea questi ricordi che legano una famiglia tanto grande quanto riunita intorno a questa nuova nascita. 

“È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”.

“È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”.

“È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”. Emanuele Carubbi racconta la sua grande passione, l’apicoltura.

Un’altra storia di un giovane che vale la pena narrare è quella di Emanuele Carubbi, 23 anni, di Marola.

Mi ha raccontato come una grande passione può nascere nel giro di un anno scolastico e trasformarsi nella propria professione.

Una volta mi han detto che se fai quello che ti piace non lavorerai un singolo giorno della tua vita, forse per Emanuele è proprio così.

Finita la scuola hai deciso di iniziare subito la tua attività, investendoci soldi e tempo. Raccontami un po’ la tua professione.
“La mia attività è l’apicoltura. Non posso definirmi apicoltore professionista perché in questo fantastico mondo ogni anno c’è qualcosa da imparare, qualcosa di nuovo che non si conosceva. Preferisco definirmi un osservatore professionista. Gestisco 150 alveari per produrre e commercializzare un po’ tutti i prodotti dell’alveare: primo fra tutti il miele, ma anche pappa reale, polline e propoli. Tutti rigorosamente biologici. Da quest’anno inizierò anche a produrre regine per venderle ad altri apicoltori. La sede della mia azienda “Agricola Appennino” è a Marola. Per produrre mieli di profumi, sapori e varietà differenti, durante la stagione, porto una parte delle mie cassette a fare “villeggiatura” prima al mare in Liguria, poi in collina in Lunigiana e per finire nel nostro crinale. Durante i periodi invernali e nelle poche pause che l’apicoltura concede coltivo zafferano e ulivi da olio”.

Hai sempre desiderato fare questo lavoro o avevi altre opzioni prima di questa?
“Ho passato diverse voglie lavorative, prima di tutto fare l’archeologo, poi il pompiere, poi studiando a Castelnovo come geometra. L’apicoltore divenne una realtà così per caso. Furono mio padre e mio fratello che, un giorno, decisero di comprare cinque arnie di api per allevarle. Io li aiutavo e li osservavo mentre trafficavano intorno alle api. Senza forse esserne del tutto cosciente mi appassionavo piano piano, finché decisero di cedermi i loro alveari. Quello fu il momento in cui decisi che sarebbe stata la mia vita. Ancora ricordo la smielatura (estrazione del miele prodotto dalle api), il momento più bello in cui si riuniva tutta la famiglia a lavorare. Era diventano un rito annuale”.

Grazie ai tuoi familiari è sbocciata questa tua passione. Ti hanno iniziato loro a questo mestiere, tramite le loro conoscenze ed esperienze, o hai dovuto imparare dalle basi?
“Passando da un semplice hobby a un lavoro, iniziai a frequentare corsi e affiancare apicoltori esperti della zona, che gentilmente mi passavano informazioni e trucchetti preziosi per allevare e gestire il fantastico insetto che è l’ape. Studiando e riempiendo di domande tutti gli apicoltori che conoscevo cominciai ad aumentare il numero di alveari. L’ultimo anno di superiori, i miei compagni di scuola si ricordano ancora di quando arrivavo in classe tutto gonfio per le punture ricevute il giorno prima”.

Emanuele Carubbi

Hai sempre pensato di volere rimanere a lavorare in montagna, o c’è stato un momento in cui saresti voluto partire?
“Mi considero fortunato a essere nato in un posto tanto ricco di umanità e bellezza, per questo ho sempre voluto fortemente rimanere nel “mio” meraviglioso mondo che è l’Appennino. Decidendo di affrontare la stressante fila in macchina per tornare a casa ogni giorno, credo sia già di per sé un piccolo, ma importante gesto, che dimostra di amare un territorio. Sarebbe più facile trasferirsi. Lavorando e vivendo qui, spero di fare la mia parte per sostenere la montagna”.

Quanto, nella tua professione, il territorio ti aiuta nell’andare avanti. C’è possibilità di crescita?
“Mi aiuta perché alzandomi tutte le mattine, guardando fuori dalla finestra, ho un quadro dipinto dal miglior pittore del mondo. Credo non avrei lo stesso entusiasmo se alzandomi vedessi altre case, altri grattacieli, altro grigio. C’è sempre la possibilità di crescere, in tutte le cose. Prima nel piccolo e nel privato, poi nella comunità”.

Motto dell’azienda “Agricola Appennino”

Che consiglio senti di dare a ragazzi che non hanno il coraggio di investire, di iniziare, pensando che i lavori manuali, tradizionali, umili non possano dare soddisfazione o lucro?
“L’apicoltura come tutte le professioni agricole richiede dedizione e sacrificio. Tralasciando gli investimenti economici per iniziare (attrezzatura da laboratorio, arnie, mezzo di trasporto ecc.), un requisito fondamentale è l’amore e la passione per queste attività. Non esistono cartellini da timbrare o ore da svolgere. Una giornata dura spesso anche più delle 8 ore lavorative ed è piena di punture. Spesso devo rinunciare a uscire e divertirmi con gli amici, perché come dico io: quando è stagione bisogna esserci! È un sacrificio”.

“Nonostante ciò – conclude – lo consiglierei, perché regala molte soddisfazioni. Vedere come le api si muovono nonostante tutto, nonostante noi, come si evolvono e trovano soluzioni ai cambiamenti climatici, è qualcosa di imprevedibile e meraviglioso. Passerei le giornate a osservarle entrare e uscire dalla porticina di casa piene di polline. È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”.

“È una danza meravigliosa piena di profumi e musica”. Emanuele Carubbi racconta la sua grande passione, l’apicoltura